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Gay & Bisex

IL GIOVANE COMMESSO - 3


di Foro_Romano
27.07.2015    |    14.660    |    5 9.2
"Quella mattina finalmente arrivò..."
3. Il giorno tanto atteso

Per tutta la settimana Giacomo dovette sostenere, a pranzo, gli assalti focosi del suo amante e, verso sera, quelli brutali del suo padrone. Gli avevano ridotto il buco ad una voragine e doveva stare attento a come camminava, altrimenti se ne sarebbero accorti tutti. Erano due maschi vogliosi, in modo diverso, certo, ma, in conclusione, di cazzo ne ebbe più che a sufficienza, non si poteva lamentare. Riuscì a non far sapere niente a l'uno dell'altro. Ma se, a lungo, non ci fosse riuscito? Se uno fosse venuto a sapere? Che cosa sarebbe successo? Carlo, forse, si sarebbe fatto una risata, ma Bruno? Con Bruno c'era dell'altro, c'era sentimento e forse ci sarebbe stata una scenata di gelosia.
O forse no. In fin dei conti lui ne era solo l'amante. Quello aveva una famiglia, tradiva la moglie con un ragazzo molto più giovane di lui, non poteva pretenderne l'esclusiva. Certo, era così, però una punta di amarezza c'era, nel suo cuore, quando questo pensiero si affacciava nella sua mente. Lui amava veramente Bruno e, se c'era un altro, era solo questione di sesso, non di amore, e per di più imposto.
Anche se soddisfatto, la settimana non passava mai, fu la più lunga della sua vita. L'attesa di quel giorno da passare col suo amore, da soli, lo teneva in ansia. Cosa avrebbero fatto? L'uomo disse che avrebbe pensato lui a tutto. Quale sorpresa gli avrebbe preparato? Era un uomo maturo, serio ed affidabile e, da lui, avrebbe accettato tutto, veramente tutto. A quell'idea la fantasia ebbe un sussulto ed anche il suo cazzetto ne risentì ma lo mise subito a riposo. Il venerdì rimasero d'accordo che la mattina del lunedì, alle 10, Carlo lo sarebbe andato a prendere sotto casa con la macchina.
Quella mattina finalmente arrivò. Era una giornata splendida e Giacomo era all'appuntamento un quarto d'ora prima, trepidante, e, puntuale, arrivò anche lui. Quanto era bello! Anche senza giacca e cravatta. Aveva una camicia bianca maniche corte, fresca di stiratura, e dei jeans così fascianti da mettere in evidenza, specialmente seduto in macchina, un bozzo nei pantaloni da far sbavare di desiderio qualunque frocio. Cosa che fece subito il ragazzo, con gli occhi che ci caddero inevitabilmente sopra. Ma lui quel cazzo lo conosceva ormai bene e già ne pregustava il sapore in bocca. L'uomo, invece, indossava dei pantaloni da tuta e, sopra, una di quelle magliette senza maniche che solo i palestrati e gli adolescenti si possono permettere.
Salì in macchina e, a portiera chiusa, si sussurrarono "Ciao, amore" quasi all'unisono. Non potevano certo abbracciarsi e baciarsi lì, davanti a tutti i passanti.
"Allora? Dove mi porti?".
"Dove mia moglie sa che vado".
"Che vuoi dire?", disse preoccupato.
"Lei sa che vado a Firenze e noi andremo lì vicino, così non gli è detto proprio una bugia. Vedrai, ti piacerà".
Presero l'autostrada e ne uscirono verso l'ora di pranzo. Andarono per una strada di campagna, circondati da prati, boschi e terreni coltivati. Era una splendida giornata di primavera, piena di sole e nell'aria una leggera brezza rinfrescante. Si fermarono dove c'erano delle pesche. Erano grosse e succose e ne mangiarono fino a saziarsi, per fuggire subito dopo per non farsi scoprire dal contadino, come dei bambini. Si fermarono ai margini di un grande prato con dell'erba alta alternata a tanti papaveri rossi. Era bellissimo.
"Che dici se ci fermiamo qui? E' bello, vero?".
Scesero e si addentrarono nell'erba che arrivava alla vita. Ad un certo punto ci si sdraiarono dentro, immersi, certi che nessuno li avrebbe visti dalla strada, seppure fosse passato qualcuno.
Bruno gli fu subito sopra, schiacciandolo col suo peso di uomo maturo. Gli prese la testa tra le grandi mani e lo baciò profondamente. Le lingue si unirono in una lunga danza vorticosa, scambiandosi le salive e togliendo loro il fiato. Quando, di colpo, il maschio si staccò, le labbra schioccarono e, tenendolo ancora fermo, lo guardò intensamente con un'espressione unica.
"Giacomo, io ti amo", fu la sua dichiarazione. "Io sono pronto a lasciare mia moglie per te".
Il ragazzo ebbe un sussulto. "No, no, per carità. Hai anche dei figli. Non voglio avere questa responsabilità. Non voglio essere considerato un distruttore di famiglie. A me sta bene così".
L'uomo fece tra sé una considerazione. Ecco la differenza tra un gay ed una donna. Quella avrebbe dato l'aut-aut: "O me o lei!". Se non lo avesse già amato come lo amava, solo per questo lo avrebbe amato ancora di più.
Tornarono a baciarsi, a rotolare nel campo, tra l'erba ed i papaveri, a strofinarsi e toccarsi finché, inevitabilmente, la passione ebbe il sopravvento. Il maschio, carico al massimo, dovette liberare la sua spaventosa erezione dalla stretta dei jeans e stese il ragazzo sotto di sé, a pancia in giù. Con uno strattone, gli tolse la tuta mettendo in mostra il bellissimo culetto dalla pelle rosea ricoperto da una leggera peluria adolescenziale, divaricandogli le gambe, ed ancora gli si sdraiò sopra.
Respirò profondamente l'odore di gioventù che gli trasmise il suo collo, gli alzò le anche per mettere la punta del suo sesso all'entrata di quel buchino tanto desiderato e dette una potente spinta che lo fece sprofondare interamente fino alla radice, fino ai folti e duri peli del suo pube, senza alcuna pietà. Gli fece male ma sapeva che era questo che gli piaceva. Infatti il ragazzo trattenne l'urlo spontaneo per lasciarsi andare all'ondata di godimento che lo avvolse ed alla voglia incontenibile dell'uomo che sembrava volerlo inchiodare alla terra. Questo non gli dette tregua e cominciò a sbatterselo forsennatamente, affondando e sfoderando fino alla cappella, rapidamente, il grosso cazzo di maschio alfa. I loro gemiti ed il rumore ritmico della fibbia dell'uomo spiccavano nel silenzio che li avvolgeva attorno.
Ambedue erano persi tra le nebbie del piacere quando, dopo circa venti minuti di feroce assalto, con una spinta più forte di tutte, la minchia si piantò nel più profondo di quell'umido canale ed esplose con una sborrata pazzesca che li fece vibrare all'unisono. Il pompaggio riprese, ma più lento. Ad ogni affondo una schizzata sempre meno densa, sempre meno corposa, ma che il giovane poteva sentire chiaramente dentro di sé.
Rimasero così, fermi, il fiato che lentamente tornava verso la normalità. Contemporaneamente si resero conto che il peso stava diventando insostenibile e l'uomo si rialzò, sfilando il suo attrezzo ormai moscio ma sempre consistente. Gli si mise di fianco, girato verso di lui e cominciò ad accarezzargli la testa, giocando con i capelli tra le sue dita. Contemporaneamente ammirava le dolci rotondità di quel culetto ormai esposto all'aria, quello che aveva appena finito di spaccare con ferocia amorosa. La mano andò ad accarezzare anche quello, teneramente, arrivando a sfiorare con due dita il buchino da cui poté sentire colare fuori la sua sborra. Lo sentì suo, si rese conto che quel cucciolo era suo e non poteva farne a meno.
Giacomo girò la testa verso di lui. Lo sguardo era carico di amore e gli schioccò un tenero bacio sulla guancia, come fanno i bambini coi genitori. L'uomo tenne a freno quella che gli sembrava una nuova erezione. Lo ripulì con dei fazzolettini di carta, si richiuse i pantaloni, si rialzò e lo aiutò a rialzarsi, mentre anche quello si risistemava.
"Andiamo. Abbiamo ancora un po' di strada da fare".

(segue)
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